Quantcast

Vota il sondaggio

Inserisci la tua email per votare

Puoi votare solo una volta per questo sondaggio e la tua email deve essere valida.
La tua email non sarà resa ne pubblica ne visibile.

Consenso al trattamento dati:

Accetta il trattamento dei dati.

 
×

Accedi al Sito !

Usa le tue credenziali di accesso:
Non ricordi più la password?

Registrati

 Resta connesso

 

oppure

Accedi con Facebook

×
Campionati e Risultati: NAZIONALI REGIONALI    

Rapporto scuola-calcio: quale via seguire?

Prima la scuola, poi il calcio. Prima il dovere, poi il piacere. La storia, per chi legge, è arcinota. Il rapporto genitori-figli-istituzioni scolastiche-società sportive si fonda su un quadrilatero che spesso scricchiola, ma ancora regge. Sì, perchè conciliare gli impegni è possibile: lo insegna la storia di tanti atleti. Non per forza campioni. Atleti anche a livello dilettantistico, mossi dalla passione, da una scintilla che non muore, che non smette di ardere nemmeno quando, oggettivamente parlando, il tempo quasi viene a mancare. La coesistenza di più impegni è fattibile, dicevamo, ma di difficile realizzazione. Gli insuccessi, in caso di sovrapposizione di più impegni, sono dietro l'angolo, e il loro insorgere comporta numerosi interrogativi che minano l'equilibrio psicologico e l'autostima di una persona. Poniamocene uno su tutti, il più classico: qualora l'impegno scolastico risultasse carente, o addirittura insufficiente nei risultati, qual è la via da percorrere? E soprattutto: è giusto togliere al ragazzo la pratica del calcio? O dello sport in senso lato?

Più che schierarci a favore o contro l'iniziativa, proponiamo una riflessione: è bene che le società sportive, specie se dilettantistiche, ripetano a più riprese ai propri atleti, talvolta con provocazioni come l'esclusione dalle partite in caso di insuccesso scolastico,  che la scuola ha un'importanza ben maggiore rispetto al calcio. Non c'è la possibilità di discutere: i due mondi sono di pesi specifici ben diversi, paragonarli è impossibile e inopportuno.

Ma è giusto togliere la pratica sportiva per costringere allo studio? Come provocazione sì, come metodo educativo no. Le costrizioni, è risaputo, portano al rigetto. Il ragazzo si può adeguare, ma prima o poi cerca una via d'uscita. Proibire per educare è sbagliatissimo. Chi ha a che fare con i più giovani, ce lo auguriamo, dovrebbe saperlo.

I ragazzi di oggi non sono inappetenti. Hanno solo un bisogno maggiore di stimoli. Sì, perchè la società e i tempi sono cambiati. Sono cambiati i ritmi, i bisogni, i desideri, gli svaghi, addirittura il modo di parlare e di relazionarsi. E' da pressapochisti rimpiangere il buon tempo andato. Le leggerezze, in tenera età, sono sempre esistite. Oggi sono solo più manifeste, ma la loro intensità è sempre rimasta uguale. Servono stimoli, appunto.

Solo attraverso tali impulsi si riesce a mettere in piedi un solido percorso educativo. Se il ragazzo capisce che non butta il suo tempo, ma lo impiega, con la speranza di trovare una soddisfazione, qualunque essa sia, dopo tanti sforzi, imparerà la cultura del lavoro, dell'impegno e del sacrificio. Se tutto gli viene imposto, potrà anche accettare ma prima o poi scoppierà.

I divieti, dunque, come misure permanenti sono sconsigliabili: questo è il nostro messaggio. La nostra riflessione, la terminiamo scrivendo quanto segue: se vi trovate in difficoltà, provate a chiedervi quanta attenzione ha ricevuto il ragazzino, che tipo di stimoli lo toccano, che ambienti frequenta e perchè. A tutto c'è un motivo, specialmente durante l'adolescenza. Provate a non rendere pesante lo studio, tentate di insegnare che senza sacrificio non si ottiene nulla anche con esempi pratici. Se un piccolo calciatore riesce a capire che per divertirsi in campo deve rispettare le regole migliorerà, così come un piccolo studente imparerà a guadagnarsi un meritato tempo libero a patto di gestire bene i propri impegni. Le falle ci saranno sempre, anche da adulti. Fanno parte della vita di tutti i giorni, eliminarle è impossibile. Superarle, però, è fattibilissimo.

Quando udite un lamento sulle nuove generazioni, pensate a quanto i vostri educatori hanno fatto per voi e quanto avete fatto voi per i posteri. Se la proporzione non riesce, nel torto, per primi, ci siete voi. Avete tutto il tempo per recuperare: mettetevi in marcia, prima che sia troppo tardi.

Print Friendly and PDF
  Scritto da ZZZ ZZZ il 25/09/2014
Tempo esecuzione pagina: 0,08471 secondi