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Il difficile ruolo dell'arbitro...

Riflessione con i protagonisti del nostro calcio...

di Luana Pizzinat

Winston Churchill disse una volta che gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre. Se le cose stanno veramente così, e diversi indizi portano a pensare che lo statista inglese avesse ragione, si deduce che quello dell'arbitro è davvero un mestiere difficile, carico di significati e responsabilità. Il direttore di gara assume le vesti di giudice indiscusso in quei novanta minuti, arbitro in terra del bene e del male, parafrasando le parole di una famosa canzone di De André. Sono note le polemiche che scaturiscono spesso al termine di molte gare, indipendentemente dal fatto che si tratti di una partita di serie A o di calcio dilettantistico. Ma dov'è la verità? Hanno ragione coloro che mettono in discussione le scelte arbitrali, o ha ragione l'arbitro a gestire la gara a suo modo, senza lasciare adito al confronto con giocatori e addetti ai lavori?

Abbiamo voluto sentire le opinioni di chi il calcio lo vive da vicino ogni domenica, come dirigenti, allenatori, giocatori, osservatori arbitrali. Solo tramite un confronto diretto, che dia voce a tutte le parti in gioco, si può tendere ad una ricostruzione della realtà che sia il più veritiera possibile.

"Gli arbitri sono come noi, sono sul rettangolo di gioco per svolgere al meglio il proprio lavoro", ci spiega Andrea Tonon, portiere del Vittorio Falmec S.M. Colle (Eccellenza Veneta, girone B) "e chiaramente possono sbagliare esattamente come noi giocatori. Non mi infastidisce tanto l'errore in sé, quanto l'atteggiamento che ha spesso il direttore di gara, per cui se gli chiedi una spiegazione ti manda via in malo modo. Se c'è un dialogo, un confronto sereno, puoi anche accettare più di buon grado un suo eventuale errore. Ho notato che nelle partite di cartello mandano arbitri di categoria superiore, e ti accorgi subito della differenza, perché sono sì autoritari, ma al tempo stesso sono aperti al dialogo, magari ti fanno anche la battuta in campo per stemperare la tensione. Va anche detto ad onor del vero che nelle categorie inferiori (dalla Prima alla Terza) gli arbitri, non avendo gli assistenti di linea, devono stare attenti ad ogni singolo aspetto della gara, a quello che fa il fallo, all'altro in fuorigioco,...Rischiano di perdere la testa proprio per questo motivo, perché hanno troppi compiti da svolgere e rischiano di farli tutti male".

Dello stesso parere Mauro Azzalini, mister del Fregona (Prima Categoria girone G, Veneto), con un importante passato anche da portiere a livello professionistico: "Bisogna partire da un presupposto: gli arbitri sono esseri umani. Così come sbaglia un giocatore, così come sbaglia un allenatore, può sbagliare anche l'arbitro. Il problema é quando ti trovi davanti a persone presuntuose. Io ho trovato moltissimi arbitri, sia da giocatore che da allenatore, che, con molta onestà e tranquillità, ti rispondono che sì, in effetti può essere che abbiano sbagliato, ma in quel momento avevano visto così. Altri invece ti zittiscono e magari ti ammoniscono. In generale comunque il livello degli arbitri nelle nostre categorie è buono, il problema nasce dal fatto che non hanno gli assistenti. Immagina un direttore di gara che sta seguendo un'azione al limite dell'area, e dopo un capovolgimento di fronte tutto si sposta nella parte opposta del campo. Come può capire se un giocatore è in fuorigioco oppure no?".
Che consiglio si potrebbe dare a chi di mestiere fa l'arbitro?
"L'unico consiglio che mi sento di dare è quello di dialogare di più, con l'allenatore e con il capitano, spiegare serenamente le proprie decisioni, niente di più".

Ma nel corso degli anni, la qualità della direzione arbitrale è migliorata oppure no
?
Giampaolo Pegolo, dirigente accompagnatore del Tamai (Serie D, girone C), analizza non solo gli arbitri, ma tutto il calcio in generale:"Francamente è tutto il livello del calcio ad essersi abbassato. Una decina di anni fa la qualità era più alta, ciò anche dettato dal fatto che c'era qualche giovane in meno, ora vige l'obbligo dei fuori quota. Certo, è una bella cosa quella di far giocare i giovani, ma per certi versi questo può essere un aspetto limitativo, perché la qualità si abbassa. A livello arbitrale devo dire che ultimamente non siamo al top. Io ho avuto la fortuna di avere a che fare con arbitri che oggi dirigono in serie A, e ho notato che avevano più professionalità, davano più importanza alle fasi di gioco che non ai dettagli, come ad esempio la maglia fuori dai pantaloncini, la pettorina per chi è in panchina, la presenza di una persona in più rispetto a quanto indicato in distinta...Erano poi più aperti al dialogo, ed è normale che se ti trovi una persona propositiva in questo senso, che parla con te, che magari ti fa la battuta, anche l'errore lo accetti più di buon grado. Siamo tutti tesi durante la partita, ma dovremmo forse tornare al calcio vero, a quel gioco che tanto amiamo e che dovrebbe farci divertire e non arrabbiare, perciò tutti noi dovremmo prendere la partita più alla leggera".

Augusto Fardin, direttore sportivo del Belluno (serie D, girone C) segue a ruota quanto detto dal Sig. Pegolo, vale a dire che in effetti il livello degli arbitri nel tempo è calato, "vero è anche che negli ultimi anni il gioco è diventato molto più veloce, di conseguenza risulta sempre più difficile per l'arbitro seguire l'azione da vicino. Ma il problema più grosso è rappresentato dagli assistenti, che aiutano relativamente poco l'arbitro, o addirittura lo mettono in confusione. Ormai quando un tuo giocatore segna, d'istinto vai a vedere se il guardialinee ha sollevato la bandierina, perché, anche nel dubbio, tendono a fermare sempre e comunque il gioco. Quest'anno mi è capitato davvero troppe volte di subire questo tipo di decisioni".

E i giocatori che ruolo hanno nella qualità della direzione arbitrale?
Secondo Claudio Olto, dirigente della Vazzolese (Promozione Veneta, girone D) "negli ultimi anni, passando dalla prima categoria alla promozione, ho capito che gli arbitri sono anche aiutati dai giocatori. È vero, più ti alzi di categoria più trovi arbitri preparati, ma trovi anche giocatori che capiscono gli arbitri, che cercano di giocare a calcio e di evitare le "furbate". Poi ovvio, c'è sempre quello che ci prova... Ma se da un lato posso dire che tutti i direttori di gara che ho visto finora erano all'altezza della situazione e hanno fatto il loro dovere, ho notato all'opposto che i guardialinee sono davvero poco preparati, in primis perché non sanno valutare il fuorigioco quando parte la palla, lo giudicano quando arriva. Spesso addirittura è l'arbitro ad indicare al guardialinee da che parte sbandierare. Perciò da questo punto di vista siamo un po' carenti, ed onestamente non ne capisco il motivo, perché fare il guardialinee sì sarà difficile, però non è certo come fare l'arbitro, hai quel compito, sei su un lato del campo, del quale non ti deve sfuggire nulla".

Ma sentiamo ora il punto di vista diametralmente opposto, quello degli arbitri. Abbiamo parlato con Lucio Polacco, già arbitro di serie A, B e C, e che successivamente ha ricoperto ruoli di spicco ad alti vertici presso gli Organi Tecnici Nazionali, il Settore Tecnico e la Scuola Arbitrale, attualmente osservatore arbitrale per il Comitato Regionale Veneto. Proprio in virtù di questi ruoli importanti e diversi svolti negli anni, quali sono le qualità che deve avere un buon arbitro? "Innanzi tutto la competenza, la fermezza di carattere e il temperamento. Se un soggetto ha la conoscenza delle regole e sa quello che fa, può svolgere al meglio il proprio lavoro. Da questo punto di vista stiamo facendo passi da gigante nella scuola arbitri: se prima il direttore di gara non doveva sapere nulla dei giocatori, delle squadre, della società, ora con l'arrivo di Collina si sta spingendo molto sulla conoscenza dei giocatori, per saperli gestire al meglio". E questo significa, tra le varie cose, essere anche più aperti al dialogo? "Il dialogo va cercato con le persone che hanno gli stessi interessi. Il calciatore non ha gli stessi interessi miei. Non è mio nemico, ci mancherebbe, ma se può mi frega. Io, in qualità di arbitro, ho l'obiettivo di portare a termine la partita facendo meno errori possibile, il calciatore la vuole vincere a tutti i costi, con qualsiasi mezzo. Perciò il dialogo ci può essere fino ad un certo punto, dopo di che ci sono i ruoli, ed i ruoli vanno rispettati".
Molti addetti ai lavori tuttavia lamentano una mancanza di disponibilità al confronto, alla spiegazione: "Il dare una spiegazione è una cosa che va fatta quando viene chiesta in maniera civile e non ostruzionistica dal capitano. Questo chiaramente decade quando giocatori, allenatori, dirigenti assumono invece atteggiamenti aggressivi e intimidatori, e lì viene meno il rispetto, che è alla base di qualsiasi rapporto".
Quindi che consiglio si sentirebbe di dare non solo agli addetti ai lavori, ma anche a chi la partita la segue dagli spalti, per far sì che l'arbitro svolga serenamente il proprio compito? "Devono lasciarlo in pace, in modo che possa prendere le proprie decisioni e perché no, anche sbagliare, come capita a ognuno di noi, in completa serenità. L'arbitro non deve diventare un alibi per una sconfitta o una brutta prestazione".
A chi lamenta invece una scarsa preparazione degli assistenti, Lei cosa risponde?: "Si tratta di ragazzi in fase di formazione, sicuramente in netta crescita, ma in effetti può essere che la preparazione non sia ancora adeguata. Ma per il futuro l'obiettivo è di avere assistenti all'altezza del loro compito". Infine, riguardo l'arroganza che sembra essere una caratteristica di molti direttori di gara, come la giudica? "In una maniera molto semplice: gli arbitri giovani sono i figli della nostra società. Noi stiamo facendo molto, nella nostra sezione di Conegliano, dal punto di vista del comportamento dei direttori di gara. Su questo non si transige. I ragazzi di oggi, ma non mi riferisco solo agli arbitri, hanno quell'atteggiamento di chi si sente onnipotente. Poi cosa fanno? A scuola vediamo fenomeni di bullismo, per mascherare la loro insicurezza latente. È vero che questo atteggiamento di presunzione assunto da alcuni arbitri dà molto fastidio ai giocatori, ai mister, ai dirigenti, ma ciò non è dovuto al fatto che indossano quella divisa ed esercitano quel ruolo, è piuttosto riconducibile a come sono come persone, si comportano così con i genitori a casa e con gli amici fuori. È il male della nostra società che si riflette sui nostri ragazzi, che siano studenti, giocatori, arbitri".

Da questo confronto con i protagonisti del nostro calcio in merito alla figura del direttore di gara, ne è emerso un quadro fatto di mille sfaccettature, in cui la componente umana e comportamentale assume un peso rilevante. Al di là che sia imprescindibile, come in qualsiasi tipo di lavoro, la competenza professionale e la piena padronanza della materia, è fondamentale, non solo per l'arbitro ma per tutti coloro che gravitano nel mondo calcistico, sapersi rapportare con gli altri, saper comprendere le ragioni dell'altro, sapersi calare nei panni di chi ci sta di fronte, sapersi giudicare prima di giudicare, saper essere leggeri al giusto modo, saper sdrammatizzare con un sorriso, pur difendendo razionalmente le proprie ragioni. Se poi il calcio, come spesso accade, si trasforma in una splendida scuola di vita, capiamo che i valori più importanti, quelli in cui crediamo, quelli che ci rendono delle persone migliori, sono gli stessi dentro e fuori il rettangolo di gioco.

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  Scritto da Redazione Venetogol il 08/07/2015
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