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Edizione provinciale di Padova


Stefano Loverro lascia il calcio giocato dopo 23 stagioni al Monselice

I biancorossi ammainano la loro bandiera più grande e più amata

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Si chiude un’era. Giornata malinconicamente e nostalgicamente storica per il Monselice, che si vede costretto ad ammainare la sua bandiera più amata: Stefano Loverro (nella foto), capitano di mille battaglie e artefice indiscusso della rinascita del 2014, chiude con il calcio giocato.

Ha deciso di dire «basta» dopo un percorso straordinario, che conta ben 23 stagioni in prima squadra di cui 14 vissute in maglia biancorossa: la maglia più adorata, quella seconda pelle che lo ha spinto a far risorgere il club della sua città dopo i due anni di «morte sportiva» seguìti alla mancata iscrizione al campionato di Eccellenza 2012/2013.

Citare i record e le statistiche di Stefano è persino riduttivo, perché non renderebbe il giusto onore ad un uomo che ha fatto dello sport e dei valori sportivi una scuola di vita: basta ricordare che è lui l’unico giocatore che ha difeso i colori biancorossi in tutte le categorie, dalla Terza fino alla Serie D. E lo ha sempre fatto con orgoglio e determinazione, incarnando più di chiunque altro il vero spirito monselicense: lo spirito di chi non molla mai e di chi trasmette alle nuove generazioni e ai nuovi compagni l’importanza e il significato di portare una maglia così gloriosa e così diversa da tutte le altre.

Nel giorno dell’addio, la società ha chiesto a Stefano di lasciare un pensiero per il suo congedo dal campo, pensiero che pubblichiamo integralmente.
"Grazie di tutto, Capitano. Ora guidaci da dirigente e portaci per mano a conquistare mille altri trionfi".
«Ventitre anni di prima squadra. Volati. Ventitre anni, no mesi o giorni. Debutto a 17 anni e due mesi, alcuni minuti in un derby di Eccellenza con l’Abano giocato in trasferta a Torreglia. Poco dopo il vero esordio, in un Comunale gremito da oltre 2000 persone, giocando tutto il secondo tempo nella semifinale di andata per salire in Serie D contro La Marenese. È proprio vero che il tempo vola quando non ti pesa ciò che fai. Quando si arriva alla fine di un anno calcistico, il primo giorno di preparazione estiva sembra sempre “ieri”: invece, quasi senza accorgertene, arrivi ad “oggi” che la stagione è finita. E, a forza di “ieri” e di “oggi”, gli anni volano. Godetevi ogni singolo momento: la fatica degli allenamenti (ma ricordatevi che è più faticoso il non potersi allenare, e questi ultimi mesi ce lo hanno insegnato), il nervoso della panchina, le bestemmie dell’infortunio, la pizza del venerdì sera e i litri di birra alla domenica dopo la partita. Il miglior compagno di squadra ma anche il più “rompicoglioni”, che magari risulterà essere quello che vi insegna di più. Godetevi la routine della domenica: dallo stomaco stretto appena vi svegliate al pranzo delle 10.45, fino alla tensione quando si entra in spogliatoio e non vola neanche una mosca. Godetevi ogni cosa perché sembra tutto scontato, però senza accorgersene si arriva a quel famoso “oggi”. Magari mi sarei aspettato un ultimo anno diverso: ma tra le tante cose molto più importanti, il Covid ci ha tolto anche questo. Sarebbe stato giusto un epilogo differente e potermi vivere una “Last Dance” nel mio Comunale, con la consapevolezza di entrare in quello spogliatoio e di indossare quella maglia e quella fascetta per l’ultima volta. Raccogliere il saluto dei miei tifosi e poi, al triplice fischio, scattare una foto finale sotto la curva insieme ai compagni e una con mia figlia in braccio. Insomma, cose banali e semplici ma ricche di significato: penso che dopo ventitre anni di prima squadra, di cui quattordici con questa maglia, non era chiedere troppo. Mentalmente potrei essere giocatore per altri dieci anni: forse anche di più, forse lo sarò per sempre. Ma le battaglie accumulate nel tempo si fanno sentire e le ginocchia, purtroppo, hanno una memoria pazzesca. Chiudo a 40 anni senza alcun rammarico: ho dato tutto e questo mi fa stare bene. Concludo serenamente, perché dietro l’angolo c’è un progetto calcistico che mi stimola: e so che da lì inizierà il mio secondo capitolo. Spero di poterlo fare esprimendomi, quanto più possibile, secondo il mio “credo”. Lo stesso “credo” che, grazie all’aiuto di più persone nel corso di questi ultimi sette anni, ha fatto rinascere il Monselice Calcio da un fallimento portandolo dalla Terza Categoria alla Promozione. Per ora…
Grazie a tutti».

Ufficio stampa Monselice

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  Scritto da Redazione Venetogol il 21/04/2021
 

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