L'esperienza della Champions vinta con la Juve a servizio del Vedelago
Nel 1996, nemmeno ventenne, Nicola Visentin era il terzo portiere della squadra di Lippi che a Roma sconfisse l'Ajax in finale. Ora è il preparatore dei portieri biancocelesti in Promozione
Vai alla galleriaNella foto a lato: Nicola Visentin mentre alza la Coppa dalle grandi orecchie a Roma, 25 anni fa.
Il 22 maggio 1996, nella finale di Champions League vinta dalla Juventus contro l’Ajax, sulla panchina bianconera all’Olimpico di Roma c’era anche Nicola Visentin.
Classe 1976, di Altivole (Tv), era il terzo portiere della squadra allenata da Marcello Lippi, che tra i pali poteva contare su Angelo Peruzzi e Michelangelo Rampulla.
Un’esperienza che Visentin ha vissuto come poteva viverla un giovane di nemmeno vent’anni aggregato alla prima squadra, e di cui ha poi fatto tesoro nella sua carriera di portiere prima, e allenatore poi. Oggi è il preparatore del Vedelago in Promozione.
“Nel 1996 fu un’esperienza favolosa, che mi ha cambiato, ma ci tengo a precisare che non ho mai giocato in Champions, quindi non ho dato nessun contributo alla vittoria finale. Semmai sono stati quei campioni ad aver dato tanto a me: da loro infatti ho imparato molte cose, che ora cerco di trasmettere agli estremi difensori che alleno. Vorrei quindi che passasse non tanto l’idea di un campione d’Europa, bensì di un ragazzo che la sua ‘Champions’ la vince ad ogni allenamento vedendo migliorare i suoi portieri”.
“Fui l’ultimo ad alzare la Coppa durante le premiazioni a Roma – ricorda Visentin – alcuni miei amici scherzano sul fatto che io abbia portato sfortuna, visto che da allora la Juve non l’ha più vinta. Con i componenti di quella squadra (citiamo i vari Ferrara, Pessotto, Torricelli, Vierchowod, Sousa, Deschamps, Conte, Vialli, Del Piero, Ravanelli) non ho più contatti. Talvolta capita però di trovarci e salutarci in giro per l’Italia in occasione di qualche evento. Sono invece ancora in contatto con altri giocatori della Primavera, ad esempio Tommaso Rocchi e Stefano Sorrentino, amico e gran portiere”.
Cresciuto nel Montebelluna, dopo l’esperienza juventina Visentin ha masticato molta Serie C, difendendo i pali di Tempio, Viterbese, Pro Patria, Portogruaro e Bassano, mentre in D ha giocato con Santa Lucia e Jesolo.
“Ci tengo a nominare una persona, Michelangelo Mason (ex Milan, Venezia, Sacilese), che per me ha avuto un ruolo importante come uomo e allenatore. L’ho avuto a Portogruaro, ed è stato il fulcro di tutte le mie conoscenze sulle nuove metodologie del portiere moderno. Ha infatti portato innovazione, efficacia, per un concetto di estremo difensore d’attacco e di movimento. Inoltre ha saputo darmi stimoli e il coraggio di cambiare, migliorando il mio modo di parare”.
L’ultima esperienza da giocatore di Visentin è stata a Bassano, complice un problema fisico.
“Due anni dopo aver smesso, ho ricevuto una proposta dal Nove come preparatore. Da lì ho iniziato con tanta voglia di trasmettere i concetti ai ragazzi, con ottimi riscontri. In seguito sono stato al Vedelago, al San Gaetano, al Riese – dove ho invogliato Daniele Marchesan a credere in se stesso (ora il difensore gioca in C) – e da tre stagioni sono di nuovo al Vedelago. Negli anni ho allenato diversi numeri uno di qualità, come Jari Bortignon, Giorgio Giaretta e Rudy Dall'Arche”.
Com’è cambiato il ruolo in porta?
“Il calcio di adesso è più veloce, ci sono giocatori fisicamente più pronti anche nelle categorie inferiori, e i palloni viaggiano rapidamente. La cosa importante per un portiere è la capacità di adattarsi alle varie situazioni. Chi più di tutti ci è riuscito, secondo me è Buffon. Mi piacciono i portieri d’attacco. Seguo varie metodologie come quelle di Bonaiuti, preparatore dell’Inter, Savorani della Roma, Spinelli del PSG e di uno dei più bravi allenatori emergenti: Roberto Pavesi, ora a Novara”.
A tuo giudizio quali sono i migliori portieri italiani e in Europa?
“E’ cresciuto moltissimo Donnarumma, grazie anche al cambio di allenatore con Fiori. Altri portieri interessanti sono Meret del Napoli e De Gea del Manchester United, solo per citarne alcuni”.
Rigori: fortuna o bravura?
“Ero piuttosto bravo a pararli. Sicuramente c’è una componente di fortuna, ma anche di studio e tecnica. Non è mai facile segnare dal dischetto se in porta c’è un para-rigori come Handanovic o Sommer”.
Come vedi i giovani portieri?
“Noto un sacco di ragazzi nei settori giovanili che hanno qualità, ma che sono trascurati in termini di motivazione. Devono sentire la fiducia dell’ambiente intorno. Preferisco vedere un ragazzo che sbaglia, ma che almeno ci prova. Il portiere è un ruolo a sé, quasi magico”.