Return to play: preoccupa l'attesa per i centri medici sovraccarichi
Gabriele Fassina, direttore sportivo della Godigese: "I giorni guadagnati con il nuovo protocollo rischiano di essere persi perché le strutture sono oberate di appuntamenti"
La riduzione delle tempistiche contenute nel protocollo "Return to play" (clicca qui) è stata accolta favorevolmente dalle società del territorio, che definivano i 30 giorni di stop per gli atleti guariti dal Covid come il problema dei problemi.
Nell'attesa che il nuovo documento elaborato dalla Federazione medico sportiva italiana riceva l'ok del Ministero della Salute (ad oggi vale ancora la regola dei 30 giorni), in alcune squadre serpeggia preoccupazione per il rischio di dover comunque aspettare a lungo presso i centri medici, complice il loro sovraccarico di lavoro accentuato da questo periodo di alta contagiosità.
Tra coloro che ci hanno evidenziato il problema c'è Gabriele Fassina (nella foto), direttore sportivo della Godigese: "Il fatto che dopo la negativizzazione un giocatore non debba più rimanere fermo 30 giorni prima di rifare le visite mediche, bensì ora 'solo' per 7 o 14 giorni a seconda dei casi, viene messo in discussione dal sovraccarico di lavoro dei centri medici. Quindi il tempo che si guadagna da una parte, lo si perde nella coda di attesa visto che le strutture sono oberate di appuntamenti. Visita medica che, a mio avviso, non servirebbe nemmeno se un giocatore è stato asintomatico: una volta negativizzato, dovrebbe ricevere subito il via libera".
Al DS Fassina abbiamo chiesto anche un parere sull'attuale stop dei campionati stabilito dal Comitato regionale Veneto: "Sono d’accordo sulla sospensione, ho però il timore che non si ricomincerà il 30 gennaio. Probabilmente a fine mese il numero di infezioni sarà ancora alto, potrebbe essere necessario un ulteriore posticipo per poi ricorrere a qualche turno infrasettimanale".